DIATOPIA SALENTINA


 

 

Il Salento è caratterizzato da una notevole variazione diatopica, sia di carattere lessicale, talvolta con significative differenze terminologiche fra località confinanti, sia, e soprattutto, fonetiche, per cui non manca chi, sulle orme del Rohlfs, sostiene che, a maggior rigore, si dovrebbe parlare di “dialetti salentini”.  Pur senza arrivare ad un’affermazioni così estrema, nel grafico qui riportato, costruito sulla base della classificazione operata da p. Giovan Battista Mancarella[1], vengono distinte tre zone: il territorio meridionale (Otranto-Ugento), il territorio centrale (Lecce), il territorio settentrionale (Brindisi), ciascuno con proprie caratteristiche.

 

 

All’interno delle predette aree, però, spesso esistono marcate differenze, soprattutto nel vocalismo, come, per esempio, nel territorio meridionale, tra la zona di Gallipoli, che preferisce le vocali aperte (“baḍḍizzi”, “zzaccu”, “spatterra”, “ciapuḍḍa”) e il versante otrantino, che predilige le chiuse e le semichiuse (“beḍḍizzi”, “zziccu”, “spitterra”, “cipuḍḍa”).

L’interesse del presente lavoro, focalizzato sul dialetto parlato a Scorrano, è rivolto, più in generale, alla zona centro-orientale della provincia di Lecce. Pur tuttavia, anche se non oggetto di una voce specifica, tra le varianti sono spesso riportate, in modo generico e non localizzato, altre forme in uso nel resto della Provincia.

 

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[1] “Premessa” al “Dizionario dialettale salentino”, Edizioni Grifo.



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