NOTE DI SINTASSI


 

 

Come abbiamo già visto, il dialetto salentino fa un uso estremamente limitato dell’infinito, per cui, con le sole eccezioni già segnalate, non vi troviamo proposizioni di forma implicita. L’assenza del condizionale e lo scarso numero di voci nel congiuntivo, fa sì, poi, che le proposizioni subordinate siano quasi tutte espresse all’indicativo. Altra caratteristica è la scarsa osservanza della consecutio temporum. Nel salentino, infatti, il presente ha una natura fondamentalmente aoristica: indica l’aspetto momentaneo e puntuale di un’azione non esattamente precisata nel tempo, per cui lo troviamo anche dopo un tempo passato. Esempi: “ose cu vvene” (volle venire), “quannu li dimannava comu stave (ma anche “comu stìa”), me dicìa sempre ca sta (ma anche “ca stìa”) bbonu” (quando gli chiedevo come stesse, mi diceva sempre che stava bene), “me disse cu llu ccumpagnu a llu tuttore” (mi disse di accompagnarlo dal medico). Vediamo qui di seguito alcuni tipi di proposizioni dipendenti:

Ø Proposizioni soggettive: rette da forme verbali impersonali, sono introdotte dalle congiunzioni “ca” o “cu”[1] ed espresse all’indicativo. Nel primo caso si rispettano le relazioni temporali. Esempi: “Pare ca ivi raggione” (sembra che tu avessi ragione), “Se dice ca lu cumpare Totu stave fiaccu” (si dice che compare Salvatore stia male), “Quannu chiuvìa, me piacìa cu stau stisu inṭra llu lettu” (quando pioveva mi piaceva restare a letto), “È bbellu cu vvai a mmare quannu face mutu cautu” (è bello andare al mare quando fa molto caldo).

Ø Proposizioni oggettive:

1. se rette da verbi con valore dichiarativo (pensare, dire, sapere, ammettere, negare ecc.), sono introdotte dalla congiunzione “ca”. Esempi: “penzu ca ài ditta la veritate” (penso che hai detto il vero), “Sacciu ca tie oi cu aggi sempre sempre raggione” (so che tu vuoi avere sempre ragione);

2. se dipendenti da verbi di tipo volitivo, ottativo o iussivo (volere, chiedere, ordinare ecc.), sono rette dalla congiunzione “cu”1 ed espresse sempre all’indicativo o al congiuntivo presente, qualunque sia il tempo della reggente. Esempi: “Quannu era piccinna, ulìa sempre cu stave (stescia) cu lla nonna” (quando era piccola voleva sempre stare con la nonna), “Ieri mamma me disse cu vvau lli dau na manu, ma jeu m’aggiu riscurdatu” (ieri mia madre mi disse di andare a darle una mano, ma io me ne sono dimenticato).

Ø Proposizioni finali: sono introdotte dalla congiunzione “cu”1 o “cusì” ed espresse sempre all’indicativo presente. Esempi: “Sta vvegnu cu vvisciu comu stai” (sto venendo per vedere come stai), “L’annu passatu su šciutu a Mmilanu cu ṭṭrou fijuma” (l’anno scorso sono andato a Milano per fare visita a mia figlia).

Ø Proposizioni causali: si esprimono con le congiunzioni “ca” o “percé” e l’indicativo, con l’osservanza delle specifiche relazioni temporali. Esempi: “Jerissira m’aggiu curcatu mprima percé scìa sṭraccu ca ìa faticatu mutu” (ieri sera sono andato a letto presto perché ero stanco per aver lavorato molto), “Osci nu sta ffaticu ca stau malatu” (oggi non lavoro perché sono ammalato).

Ø Proposizioni consecutive: precedute nella reggente da espressioni come “tantu…””, “cusì…”, sono introdotte dalla congiunzione “ca” e rese all’indicativo con l’osservanza delle specifiche relazioni temporali. Esempi: “Aggiu faticatu tantu ca nu mme mantegnu tisu (ho lavorato tanto che non mi reggo in piedi), “Li ulìa cusì bbene, ca l’ave lassata tutta la rrobba” (gli voleva così tanto bene, che gli ha lasciato in eredità tutti i suoi averi).

Ø Proposizioni temporali: espresse all’indicativo con l’osservanza delle relazioni temporali, sono introdotte dalle congiunzioni “quannu” (quando), “ampena” (appena), “dopu ca” (dopo che), “prima cu” (prima che) ecc. “Prima cu ccunti, penza!” (prima di parlare, pensa!), “Ampena rrìu, me minu a mmare” (appena arrivo, faccio un tuffo in mare).

Ø Proposizioni avversative: sono introdotte dalle congiunzioni “menṭre…”, “nvece cu…”, “quannu…” con le quali si esprimono fatti e situazioni in forte contrasto con quanto è detto nella reggente. “Nvece cu mme dai nna manu, te ne vai a ppasseggiu” (invece di darmi un aiuto, te ne vai a spasso), “Sta šciochi a ppallone, menṭre eri stutiare” (stai giocando a pallone, mentre dovresti studiare).

Ø Periodo ipotetico:

1. l’ipotesi di primo tipo, detta dell’oggettività o della realtà, si rende con l’indicativo presente sia nella protasi che nell’apodosi. Esempio: “Se oju llu fazzu, nu nc’è bbisognu cu mme lu dici tie” (se voglio farlo, non c’è bisogno che me lo dica tu);

2. l’ipotesi di secondo tipo, detta dell’eventualità o della possibilità, si rende con l’indicativo imperfetto in entrambe le proposizioni. Esempio: “Se tie me dicivi cce gg’è ca t’è ssuccessu, jeu te putìa jutare” (se tu mi dicessi che cosa ti è successo, io ti potrei aiutare);

3. l’ipotesi di terzo tipo, detta dell’irrealtà, si rende con l’indicativo trapassato prossimo nella protasi e con lo stesso tempo o, se gli effetti riguardano il presente, con l’imperfetto nell’apodosi. Esempi: “Se nunn’era sciutu a ffore, nunn’era catutu” (se non fossi andato in campagna, non sarei caduto), “Se tannu m’era operatu, moi stìa bbonu” (se allora avessi affrontato l’intervento chirurgico, ora starei bene).

Ø Ø Costruzioni perifrastiche:

1. Perifrastica attiva: per esprimere l’idea dell’imminenza si usano le voci del verbo stare (“stau”, “stamu”, “stìa”, “stìune” ecc.) seguite dalla congiunzione “cu” e l’indicativo sempre al presente, indipendentemente dal tempo di riferimento. Esempi: “Stau cu vvegnu” (sto per venire, ho intenzione di venire), “Stivi cu vveni” (stavi per venire, avevi intenzione di venire);

2. Forma progressiva: per indicare un’azione nel suo svolgimento, si usa l’espressione “sta”[2] seguita, senza congiunzioni, dal verbo indicante l’azione espresso, a seconda dei casi, al presente o all’imperfetto. Esempi: “Sta vvegnu” (sto venendo), “Sta šcìune” (stavamo o stavano andando);

3. Espressioni di necessità: per indicare una necessità o un’opportunità si possono usare, senza sostanziale differenza,

a) una voce del verbo “ulire” (volere) seguita dal participio passato del verbo, l’una e l’altro concordati con il soggetto. Esempi: “Nci òlene (ulìune) ndacquati li piparussi” (devono essere annaffiati, avrebbero bisogno di essere annaffiati i peperoni), “Nci ulìu cangiatu lu chesciune” (si dovette cambiare il lenzuolo);  

b) a seconda dei casi, una delle forme impersonali “tocca” (presente), “tuccava” (imperfetto) o “tuccàu” (passato remoto) seguita, con o senza la congiunzione “cu”, dal verbo della dipendente sempre espresso al presente. Esempi: “Tocca (tuccava, tuccàu) ndacquamu li piparussi” (dobbiamo, dovevamo o dovremmo, dovemmo annaffiare i peperoni), “Tuccàu (cu) ccangiamu lu chesciune” (dovemmo cambiare il lenzuolo).

 

[1] Lo stesso concetto può essere espresso in forma ellittica, con l’omissione della congiunzione “cu”: “me piacìa stau stisu”, “è bbellu vvai”.

[2] Forma fossilizzata del verbo "stare", invariabile, indipendentemente dalla persona e dal numero del soggetto della preposizione che regge.






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